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che abbiamo più di sopra accennati, sino ai due più ce-
lebri fra tutti i Gentili, Omero ed Esiodo. A questi suc-
cedettero i poeti lirici, dei quali si mentovano Stesicoro,
Bacchilide, Ibico, Anacreonte, Pindaro, Simonide, Alc-
mane, Alceo, Arione Metinneo, da cui fu istituito il co-
ro, cantato il ditirambo e furono indotti i satiri a parlare
in versi. Di costui si racconta la celebre favola di essere
stato ricevuto sul dorso da un delfino e condotto salvo
in Tenaro, allor ch era stato buttato in mare dai marina-
ri avidi dell oro ch egli portava seco. Emule della gloria
di costoro furono anche le donne, e di queste un nume-
ro pari alle Muse e degne d esser loro assomigliate, le
quali furono Saffo, Mirti, Presilla, Erinna, Corinna,
Nossi, Miro, Telesilla, Anita, che si truovano tutte com-
prese nei seguenti versi di Antipatro:
T"!sde îeoglÓssoij
flmnoij, kaã MakedÓn Pieràaj sk peloj.
Prøxillan, MurÓ, >An: thj st ma îH"lon ÅOmhron,
Desbàadwn, SapfÓ, k smon ùuplokßmon,
ÇHrinnan, Telesillan ¶gaklûa kaã se K rinna
î rin >Aîhnaàhj ¶spàda melyam°nan,
Nossàda îhl glwsson, ád° glukuacûa >M: rtin,
pßsaj ¶ennßwn ùrgatàdaj selàdwn.
>Ennûa h°n Mo saj mûgaj o ranoj, ùnnûa d>a9 t"!j
gaéa tûke înatoéj ©fîiton ùufrosn: nan.
Queste Elicona ed il pierio scoglio
alme donne nudrì d inni divini,
Presilla, Miro, Anita a Omero eguale,
Saffo splendor delle fanciulle lesbie,
Erinna, Telesilla e te, Corinna,
che cantasti di Pallade lo scudo,
Nosside e Mirti di soave suono,
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Letteratura italiana Einaudi
Gian Vincenzo Gravina - Della ragion poetica
tutte d eterni fogli produttrici.
Ha dato il cielo nove Muse, e nove
per letizia immortale a noi la terra.
Dei lirici, da Pindaro ed Anacreonte in fuori, non è a
noi rimaso che pochi frammenti, per essere state da ve-
scovi e sacerdoti greci le loro opere bruciate ed estinte
con esse le oscenità e gli amori che contenevano; in luo-
go delle quali con maggior vantaggio della religione e
della pietà furon sostituiti i poemi di san Gregorio Na-
zianzeno. Produsse anche la medesima età le tragedie, le
quali ebber principio da Tespi e perfezione da Eschilo, a
cui succedettero i due rivali della gloria di questa poesia,
Sofocle ed Euripide; oltre Agatone ed altri rammentati
da Aristotile nella Poetica, e da altri scrittori.
Sorse in questo medesimo tempo l antica commedia,
nella quale oltre Eupoli e Cratino, Formi ed Epicarmo, ci-
ciliani, che l inventarono, fu eccellente Aristofane, che da
rozza e scomposta la ridusse in miglior norma. A tal poe-
sia si dice da alcuni che desse cominciamento Susarione,
di cui si truova appresso Stobeo questo frammento:
>Ako: ete leÓj, Sousaràwn lûgei tßde.
kakÿn gunaékej; ¶ll ÷mwj, Û dhm tai
o9 k stin  ikeén  ikàan ©neu kako .
Kaã g"!r tÿ gH"mai kaã tÿ m¬ gH"mai kak n.
Susarione udite, o cittadini.
Male è aver donne, ma però non lice
a noi senza alcun mal starcene in casa,
perché aver moglie e non averla è male.
Ma perché la soverchia licenza dell antica commedia
riusciva ingiuriosa alla fama di molti cittadini più riguar-
devoli e perciò pericolosa alla pubblica quiete, fu ella
bandita e posta in suo luogo la nuova, discreta molto più
e modesta; nella quale furono celebri Menandro e File-
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Letteratura italiana Einaudi
Gian Vincenzo Gravina - Della ragion poetica
mone, il quale siccome per lo favore e per la fazione fu
preferito più volte a Menandro, così per lo più sano giu-
dicio fu collocato nel secondo luogo. Ma nel tempo di
Tolommeo Filadelfo, re d Egitto, amantissimo delle
buone arti, apparvero sette splendidissimi lumi della
poesia, che sotto il favore del medesimo re, nella sua
corte, dalla di lui liberalità si mantenevano; e dal nume-
ro di essi ed eccellenza nel comporre furon detti le
Pleiadi, come le stelle della poesia: e questi furono Lico-
frone, Arato, Nicandro, Appollonio Rodio, Callimaco,
Filico, Teocrito, che rese illustri le muse pastorali nate
tra gli agricoltori, che composero versi e poemi in lode
di Diana, da cui fu calmata una gran sedizione ch era in
Siracusa.
Appresero poi la poesia i Romani, ai quali furono da-
te le favole da Livio Andronico. Fiorirono dopo lui Ne-
vio e Plauto, che fu detto, per la vivezza e grazia ed ele-
ganza, la decima Musa; e Cecilio e Pacuvio ed altri, dai
quali molte commedie e tragedie greche furon traspor-
tate sul romano teatro, quantunque non appieno imbe-
vute del sapore che all attica lingua era proprio. Ma in
più generi di poesia, e spezialmente nell epico, Ennio,
tarentino, prevalse, e nella satira Lucilio, ed, ai tempi di
Scipione e Lelio, Terenzio nelle commedie: le quali, per
l eleganza loro e cultura e gravità, furono dai suoi emuli
all istesso Scipione e Lelio attribuite.
Il vigore però, cioè quel che i Greci dicono ¶kmø, sic-
come di tutti i generi d eloquenza in Roma così della
poesia, fu dai tempi di Cicerone e di Cesare per tutto
l imperio d Augusto; nella quale età i Romani posero
ogni industria all imitazione degli antichi Greci, onde si
resero negli scritti a coloro somiglianti, ed accrebbero la
lingua latina delle greche maniere e grazie. Furono dun-
que in pregio Laberio Catullo, Lucrezio, Vergilio, Ora-
zio, Cornelio Gallo, Tibullo, Properzio ed Ovidio. Ma
spento con la morte d Augusto quasi ogni lampo che
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Letteratura italiana Einaudi
Gian Vincenzo Gravina - Della ragion poetica
v era rimaso di libertà e di costume romano, s estinse
ancora l industria della primiera imitazione; e cangiatosi
affatto il governo, si cangiò con esso, come suole avveni-
re, l antica eloquenza; ed insalvatichitasi coi costumi la
favella, mutossi ancora lo spirito e l aspetto della poesia.
Poiché gl imperadori, per opprimere ogni sentimento
ed indole romana e per cancellare affatto la memoria
dell antico governo, davano largo maneggio degli affari
ai barbari ed autorità somma ai liberti, che coll arte dei
piaceri e dell adulazione sapevano meglio che i cittadini
occupar l animo dei lor padroni. Ed i liberti sorti a gra-
do sublime, si dee credere che, o per congiunzione di
sangue o per amicizia o per odio dei Romani, da cui sof-
fersero il giogo, molti dalle loro patrie in Roma chiamas- [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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