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Alessandro Verri - Le avventure di Saffo poetessa di Mitilene
procurarmi. Tu che sei discreto estimatore degli affetti e
dei doveri, potrai giudicare se giustissime sieno le cagio-
ni, per le quali io sono costretto a ricusare offerta cosí
preziosa . Alle quali parole, ben vedi, se io poteva con-
trastare senza manifesta ostinazione. Però se ascolti in
questa tua estrema angustia la paterna ed amica voce e
se la esperienza della mia vita ha qualche autorità
nell animo tuo, io ti esorto, non già a dimenticar Faone
(perché non ignoro quanto sieno lente a risanarsi le pun-
ture del dardo amoroso), ma bensí ad intervenire ai
giuochi ed alle radunanze festive, nelle quali, benché tu
non lo creda, ritroverai fra molti certamente quell ogget-
to, che ti scacci dall animo quest insolente predominato-
re». Cosí diceva con saggio affetto il pietoso genitore;
ma alla misera fanciulla intanto si oscuravano gli sguar-
di, e si spandeva sul volto il pallore all udire quelle mor-
tali novelle; e l affanno trattenendo nelle di lei fauci ogni
querela, cadde languida sui tappeti, dai quali era risorta
per accogliere il genitore. Accorse Scamandronimo, e
quindi la tarda Cleide, e poi i servi e le ancelle chiamate
dai gemiti dei provetti genitori. Risonavano in quel sog-
giorno, ripieno di mesto disordine, i flebili susurri, in-
tento ognuno a recare tal conforto a lei, onde ricuperas-
se l ufficio de sensi smarriti.
Dopo non lungo spazio di tempo riaprí gli occhi
l oppressa fanciulla, e vide intorno di sé raccolta tutta la
famiglia con mesti e lagrimosi sembianti per esortarla.
Ma sciolto ogni freno al dolore, omai si manifestava
l amoroso delirio con atti meno convenienti a verginale
verecondia ed alla timida adolescenza. Perché prorom-
pendo in querele lacerò i veli, i crini e le vesti, trascor-
rendo come la cerva nelle foreste col dardo fisso nel
fianco. Alla fine stanca de miseri trasporti, si ritirò nel
suo albergo. I genitori credendo a lei piú conveniente la
solitudine ed il silenzio, che le non ascoltate esortazio-
ni, lasciaronla colla fida Rodope, ed entrambe vi si rac-
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chiusero. Giaceva Saffo dolente su di un tappeto, soave
ricetto del sonno nelle ardenti ore estive, quando il sole
spande i torrenti maggiori del suo fuoco; ma allora lun-
gi ne fuggiva ogni tranquillo pensiero, né piú vivaci le
rassembravano i colori di quella opera, quantunque va-
ghissimo artificio della esperta sua mano. «Barbaro
(proruppe omai Saffo smaniosa) sarebbe al certo colui
che destasse un infelice, il quale, stanco di sospirare su
la tomba del figliuolo o della consorte, sospende il sen-
so di sua misera vita nella placida obblivione del sonno.
Qual pietà dunque è mai questa che mi richiama,
coll apparenza di affettuosi ufficj, a tristissima vita, dol-
ce rimedio di cui era il letargo, e piú di tutti efficace sa-
rebbe la morte?». Soggiunse la mansueta Rodope: «Vi-
ve la speranza talvolta, quantunque sembri del tutto
estinta; imperocché nel naufragio veggiamo talora ina-
spettato salvamento, o a nuoto, o su di una tavola gal-
leggiante; e quelli che sono rimasti ignudi su di uno sco-
glio abbandonati in mezzo del flutto procelloso, furono
quindi inaspettatamente raccolti da un legno ivi spinto
da propizia fortuna; e quelli che caddero negli abissi
profondi fra le rocche alpestri, rimasero talvolta sospesi
ad un ramo ch esce delle fessure del monte con incredi-
bile accidente; e quelli che combattono fra l armi in
campo, rimasero talvolta vivi, ed anco illesi in mezzo
delle stragi e delle morti; ed il pastore suonando la zam-
pogna sotto il faggio, vide attonito, ma non offeso, ina-
ridire il fulmine quella pianta a cui appoggiava il dorso;
di modo che la sola morte consuma tutte le speranze;
ma finché rimane alito di vita bisogna combattere colla
fortuna». «Ebbene che far proponi?», interruppe Saffo,
e l altra rispose: «Ben sai quanta è la fama di Stratonica,
la quale, poco lungi dalla porta orientale di questa no-
stra città, invoca i Numi infernali nello speco profondo,
ed Ecate specialmente, casta Divinità contraria al pre-
potente imperio della Madre di Amore. Or dunque,
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poiché son vane queste tue lagrime, ricorriamo agli ora-
coli della severa nostra Divinatrice, i quali potranno ciò
che non ponno i tuoi sospiri e le tue querele. Io so dove
è l antro di lei, benché non sia mai stata costretta ad en-
trarvi per sollievo delle cure amorose, ma bensí ho inte-
se infinite narrazioni, le quali mi sforzano a credere ma-
ravigliosa la scienza di lei». Mentre cosí ragionavano,
uscirono indirizzandosi al proposto cammino.
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LIBRO SECONDO
CAPITOLO I
il sonno di cleonice
Non sembrerà, io credo, meritevole biasimo la inge-
nuità colla quale ricusò Faone le offerte nozze, se non a
chi fosse d ingegno inclinato agli inganni amorosi. Ma
Venere avea fornito di tanti pregi il suo diletto Nocchie-
ro, che inutili erano per lui gli stranieri soccorsi di artifi-
ciose lusinghe: e però gli era conceduto di amare since-
ramente, e di essere amato senza la mescolanza della
frodi, siccome ne tempi felici dell aurea vita, tanto da
noi dissimili, che sembrano favolosi. Mostrò invero la
Dea la segnalata propensione verso di lui, essendoché
volle ch egli solo, fra tutti gli amanti di quella età, gu-
stasse limpida e pura la coppa d Imeneo, la quale a tutti,
dopo fuggitiva nuziale dolcezza, sembra amara e nau-
seosa. Che se Faone preferiva a tutte Cleonice, non era
ingiusta la di lui scelta, perocché sappiamo dalla fama a
noi trasmessa, che niuna poteva a lei paragonarsi e in
Lesbo ed oltre il mare, sia per lo splendore della bellez-
za, sia per la soave integrità de costumi. Intorno al qua-
le argomento è tradizione fra cittadini di Mitilene, che
un pittore, in que tempi celebrato, spinto dalla fama
della bellezza di Cleonice, impetrasse da lei di potere
imitare il suo volto coll artificio de colori, e da lei otte-
nuta la domanda, di pose all opera. E quantunque fosse
egli assuefatto a contemplare le perfezioni della bellezza
corporea, di modo che non altro senso in lui destassero
gli oggetti, che il desiderio di emulare la natura; nondi-
meno quando gli si scoperse la eccellenza di quelle for-
me, il modesto e lento volgere degli occhi cerulei, le lab-
bra sempre disposte ad ingenuo e leggiadro sorriso, la
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freschezza delle guance, la serenità del cigli, i crini d oro
legati come quelli di Venere, sulla candida fronte in cui
traspariva la calma dell innocenza, provòl artefice nel
seno un turbamento improvviso. Perché erano tutti quei
pregi maravigliosamente accresciuti dalla naturale di lei
modestia (non di rado in altre artificiosa), per la quale
ella , sé medesima ignorando, non si acccorgeva del do-
minio che aveva sui cuori. Costei è Venere, dicea fra sé
stesso il pittore, guardandola immobile; ma poi osser-
vando la casta negligenza del vestire, e il non artificioso
contegno, variando opinione, gli pareva Diana. E men-
tre trattenuto da questi dubbiosi pensieri sedea innanzi
la tavola disposta al lavoro col pennello sospeso nella
mano, abbandonando la manca languidamente sul
grembo. Un leggiero soffio di Zefiro, amico della bellez- [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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